domenica 29 novembre 2015

L’artigiano oggi: un CYBORG


 
 
 
L’artigiano oggi: un CYBORG

Stampa 3D, schede open source, software per la progettazione e nuovi materiali sono entrati da tempo nel laboratorio dell’artigiano, già proiettato in un presente che gli altri si ostinano a chiamare futuro. Il processo di cambiamento imposto dal passaggio dall’analogico al digitale inizia a farsi largo nell’immaginario collettivo che oscilla tra due estremi: un romanticismo produttivo e una manifattura 4.0 destinata a finire in mano ai cyborg. In mezzo c’è la quotidianità di molti artigiani che hanno iniziato a trasformare con abilità e pazienza la loro creatività e il loro sapere in… bit !

L’economia ha, dunque, imposto nuovi paradigmi e gli imprenditori, soprattutto i piccoli e i micro, hanno dovuto accelerare la loro trasformazione. Ciò nonostante buona parte delle persone continua ad attingere alla memoria e agli archetipi che hanno fatto dell’artigiano una sorta di figura immanente della società e quindi irrinunciabile, qualunque cosa succeda

Secondo la personale esperienza, incontro spesso donne imprenditrici piene di talento che con le nuove tecnologie e con la loro mente hanno conquistato quote di mercato. Sarte che cuciono abiti su misura da secondo matrimonio, visto il dissolversi frequente dei legami familiari,  hanno pensato ad un nuovo scenario economico. Imprenditrici a capo di aziende che operano nel legno,  ma non hanno mai visto un martello,  perché con la stampa 3D  creano prototipi di altissima precisione. Ancora, chi con il riciclo dei tessuti ha creato accessori personalizzati per le borse. Quando l’innovazione sposa la tradizione.. Quando la storia si lega agli algoritmi. . Per Natale magari potremo immaginare anche un presepe fatto a mano ambientato su Marte?
Marina Gargiulo

 

sabato 21 novembre 2015

Il welfare.." fai da te"!


 
 
Verso un welfare a misura di donna: ecco cosa succede in Europa

 

Mentre in Italia siamo ancora al “welfare fai da te”

 

Nel sistema di welfare italiano la famiglia ricopre da sempre un ruolo fondamentale, sostenendo direttamente il costo di un ampio ventaglio di servizi per i propri componenti (soprattutto bambini, piccoli e anziani) che gli attori pubblici sono spesso incapaci di garantire, parzialmente o totalmente. Negli ultimi anni, a causa delle trasformazioni economiche, sociali e demografiche – calo del tasso natalità, invecchiamento della popolazione, impoverimento generalizzato, evaporazione legami familiari – per il sistema-famiglia è diventato sempre più difficile reggere il peso degli oneri di cura e assistenza sinora sostenuti. La crisi economica, in particolare, ha portato all’aumento dei rischi e dei bisogni sociali e ha ulteriormente indebolito le capacità di risposta del welfare tradizionale.

Il “welfare fai da te” delle famiglie è sempre più vicino al collasso. Il “welfare fai da te” o “welfare informale” mediamente pesa sui bilanci familiari per 667 euro mensili. Con queste risorse vengono pagati servizi di baby-sitting, lavori domestici, servizi di assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti che il settore pubblico non riesce a garantire.

Per salvaguardare un minimo di cura "professionale” molte famiglie hanno dovuto ridurre i  consumi, intaccare i risparmi e/o indebitarsi.

Invece (dall’altra “ parte del mondo”!) il quadro sociale Europeo pone maggiore attenzione ai nuovi rischi (new risk dimension),  sviluppa approcci imperniati sul ciclo di vita (life cycle approach), accresce i servizi e riduce i trasferimenti monetari (service dimension),  favorisce lo sviluppo del capitale umano (investment dimension) e favorisce il ricorso a soluzioni innovative sotto il profilo sociale (social Innovation dimension) attraverso: coinvolgimento in ruoli attivi di soggetti  che condividono i problemi,  attivazione di nuove risorse (umane, organizzative, tecnologiche, finanziarie), creazione di nuove forme di collaborazione tra soggetti pubblici e privati, ricorso a strumenti finanziari non convenzionali. Mi chiedo,  quindi,  quale è il GAP che passa tra l’Italia e l’Europa? Dentro il quale viaggia semplicemente una risposta ai nuovi bisogni… La cura per i figli e l’assistenza agli anziani non può essere delegata alla donna ma deve passare in capo ad un sistema articolato di servizi. Altrimenti la difficoltà nella conciliazione famiglia-lavoro rappresenterà sempre più un freno allo sviluppo economico e sociale.

Il modello europeo vede ad esempio l’erogazione di un Voucher Universale del quale le famiglie possono usufruire con un ventaglio di servizi disponibili. E interessante è l’alleanza di più attori economici: Aziende, Casse mutue, Sindacati, Associazioni di categoria, terzo settore, Governi locali, Enti bilaterali, …che vanno a configurarsi,  con l’erogazione del voucher universale, nel processo di protezione sociale. Quando arriverà il concetto di “universale”  nel nostro bel Paese?

giovedì 19 novembre 2015

Confartigianato Donne Impresa- Latina. Assemblea 16 dicembre 2015



  Assemblea provinciale di "Confartigianato Donne Impresa"
 Latina 16 dicembre 2015 - ore 18,30

Presso la sede provinciale della Confartigianato di Latina (c/o Centro Commerciale Latina Fiori, Torre 5 Gigli scala A - Tel. 0773.666593), il 16 dicembre, alle ore 18,30, si terrà l'assemblea provinciale di "Confartigianato Donne Impresa", dove si discuterà sui seguenti punti:
  • Presentazione dati dell’osservatorio Confartigianato Donne Impresa sull’imprenditoria femminile in Italia “All’alba della ripresa. Imprese e lavoro delle donne dopo due recessioni”. 
  • Nuove iniziative in programma per il 2016
  • Varie ed eventuali.
Vi aspetto.


Marina Gargiulo
Presidente provinciale
Confartigianato Donne Imprese


martedì 10 novembre 2015

2040: l'imprenditore nel futuro


 
 
 
2040: proviamo ad immaginare il futuro se non lontanissimo, almeno per la generazione dei quaranta e dintorni,  che tra venti anni e più si troveranno ad un passo dalla pensione o forse sarà solo un miraggio.. Generazione tartassata di tasse, poche prospettive .. che lascia un’eredità pesante ai propri figli. Investita dalla crisi economica e con un contratto di lavoro che ormai rappresenta solo un lontano ricordo. E allora quale alternativa? Mettersi in proprio? Attività nuove imprenditoriali che sorgono come funghi e che con altrettanta fretta vengono chiuse nel giro di qualche mese. Ma l’imprenditore del futuro come dovrebbe essere? Proviamo ad immaginarlo.. In doppiopetto grigio che stringe la sua giacca al freddo di ogni mattina? Immerso nel suo tablet o nel suo smartphone alla ricerca di una nuova clientela? Alle prese con concetti come “internazionalizzazione” o “outsourcing” . Ma cosa realmente esprimono questi concetti?  Siamo veramente pronti per i mercati internazionali? Mercati che sono perfetti quartieri inglesi, dove tutto è preciso, come l’ora  del thè. Forse sarebbe meglio non cercare di assomigliare e non imitare i nostri cugini europei che nel 2040 forse ci vivono già.. A noi italiani il thè non piace, non piace essere rigidi.. Noi siamo l’eccellenza nel mondo, siamo la moda,  siamo il gusto, il design, siamo l’arte…e la creatività non si scandisce con le ore di un orologio. Per noi internazionalizzazione significa essere cittadini del mondo e l’unicità dei prodotti ci contraddistingue. L’imprenditore del futuro allora forse bisogna immaginarlo come leader di una squadra, dove ogni componente della squadra è a sua volta un leader nel proprio campo. Le persone sono il vero patrimonio di un’azienda. E non c’è politica di abbattimento dei costi che tenga. L’innovazione forse è un concetto semplice, senza ricercare chissà quali paroloni o invenzioni. Innovare è sfruttare al meglio il nostro cervello, non renderlo schiavo di un cellulare ..che può procurare uno pseudo-infarto se cade nell’acqua. Magari tra venti anni il nostro telefonino ci farà lo stesso effetto ad oggi di un disco a 33 o 45 giri. E allora da soli non andiamo da nessuna parte. Fare squadra e conservare la propria unicità. Creare sentieri alternativi al sistema economico attuale, per arrivare al traguardo del 2040 che magari.. ci aspetta da un bel po’…

Marina Gargiulo